VILLETTA BARREA

DESCRIZIONE

7930 4 PNALML'ubicazione di Villetta Barrea all'interno del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise è certamente un elemento di forte attrattività per il paese che ospita moltissimi visitatori. Il patrimonio del territorio consiste in una grande ricchezza di opportunità collegate alle diverse stagioni.

La primavera è la stagione dei fiori in cui è possibile godere di colori e profumi, imparare a riconoscere le erbe selvatiche e i canti degli uccelli, organizzare magnifiche passeggiate a piedi, a cavallo e in bici, nonché tour automobilistici nei tre versanti del Parco.

In estate si possono alternare escursioni in montagna e bagni al lago con gite in auto, in bici, a cavallo nei paesi ricchi di arte e tradizioni. Ci si può dilettare facendo il formaggio con i pastori e assaporando la ricotta quando è ancora calda, partecipando alle feste patronali con spettacoli musicali per tutti i gusti; si può passeggiare tranquilli al fresco del mattino, nei limpidi pomeriggi, nelle serate stellate, o concedersi deliziosi pranzi ricchi di sapore locale.

In autunno il colore di fuoco dei boschi e il bramito dei cervi in amore costituiscono lo scenario ideale per i fine settimana.

Nel lungo inverno, da dicembre ad aprile, la stagione di sci non costituisce l'unica appassionante motivazione per venire nel territorio, poiché tante sono le altre iniziative per trascorrere giornate felici.

Si trova nel cuore del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, nei pressi del Lago di Barrea, tra il fiume Sangro, i boschi di faggio e la bella pineta di Pinus Nigra. L'intreccio di elementi naturali e culturali costituisce il carattere affascinante del territorio i cui tratti fondamentali riguardano una straordinaria varietà di paesaggi.

La diffusa presenza di animali selvatici consente di avvistare cervi, volpi, scoiattoli e una varietà di uccelli; con un po' di fortuna si posso avvistare, durante le escursioni e non, camosci, aquile, orsi e lupi.

Il patrimonio floristico comprende, fra le 1800 specie di piante presenti, la famosa orchidea Scarpetta di Venere, l'anemone, il croco, la rosa canina, il giglio rosso, la genziana, l'iris marsica e ancora altre numerosissime specie.

Sono presenti diversi musei in grado di costruire un motivo di attrazione per i visitatori, ma anche di far crescere nella comunità locale la consapevolezza e l'orgoglio della propria identità. Le lavorazioni artigianali e l'offerta di prodotti tipici completano un'offerta che risulta apprezzata da tutti.

STORIA

Il territorio è stato frequentato fin dalla Preistoria dai cacciatori provenienti dalla Marsica. L'area di Villetta Barrea è stata, però, stabilmente occupata dal VIII-VII secolo a.C. dalla popolazione "Safina", proveniente appunto dalla Sabina, che si stabilì a partire dall'Età del Ferro lungo l'Alto Sangro per poter utilizzare le miniere di ferro presenti nelle montagne della Meta e costruirsi gli arnesi della vita quotidiana. Praticava l'agricoltura e la pastorizia transumante. Sono state rinvenute ampie necropoli (ad Alfedena, Colleciglio di Barrea e Val Fondillo di Opi) che hanno restituito una notevole quantità di armi in bronzo e ferro pertinenti le tombe maschili, in particolare un elemento detto "Kardiophilax", una corazza di forma circolare a protezione del cuore, decorato con un "quadrupede fantastico". Nelle tombe femminili, invece, sono stati rinvenuti oggetti di corredo come anelli, perle di pasta vitrea, collane d'ambra, pendagli in bronzo, fibule e catene in filo di bronzo.

Da questa prima comunità ebbero origine i popoli italici dei Marsi ( dal Fucino fino a Opi), dei Pentri (da Opi a Alfedena), dei Peligni, dei Carricini, dei Frentani, dei Caudini e degli Irpini.

Tra il IV e il I sec. a.C. il territorio è stato teatro della Guerra con i Romani, in previsione della quale vennero costruite dai Sanniti mura ciclopiche o poligonali. Poi la vittoria definitiva di Roma portò alla colonizzazione del territorio con l'insediamento di nuovi abitanti che costruirono ville rustiche ad economia agropastorale.

Con la caduta dell'Impero Romano (476 d.C.) e l'avvento delle dominazioni barbariche, il territorio si spopolò fino a quando i Longobardi nel corso del VIII sec. d.C. vi fondarono un importante monastero: il monastero di S. Angelo in Valleregia. Fu chiamato così perchè il culto di S. Michele o S. Angelo, venerato soprattutto dalle comunità pastorali in sovrapposizione al culto pagano di Ercole Curino, era molto caro ai Longobardi.


Uno dei documenti più antichi che parla del Monastero di S. Angelo in Valleregia porta la data del 28 Marzo 787 e, in esso, Carlo Magno conferma a Montecassino il possesso del Monastero. Purtroppo, nel 937 il bel monastero della Valle Regia, assai noto a qui tempi, fu incendiato e abbandonato fino a quando Antenolfo, abate di Montecassino, mandò sul luogo Azzone per ricostruire il monastero.

Il successore di Azzone, per tutelare l'ingresso nella Valle del Sangro, dove era situato il Monastero di S. Angelo in Valleregia, fondò verso il 1060 Rocca Intramonti portandovi ad abitare la popolazione che risiedeva a Civitella. Rocca Intramonti tuttavia non ebbe vita facile a causa delle lotte tra i feudatari (Di Sangro, Cantelmo...) e progressivamente fu abbandonata dai suoi abitanti. Un primo gruppo fece ritorno a Civitella, l'ultimo invece si stabilì nel XV sec. presso la torre costruita da Giacomo Caldora, primo feudatario di Villetta Barrea nel rione Castello.

LUOGHI D'INTERESSE

Valico Colle Santo JanniIl centro abitato di Villetta Barrea dal 1400 ai giorni nostri ha subito numerose trasformazioni dal punto di vista urbanistico e architettonico. In origine era circoscritto al rione "Castello", ma già nel corso dell'XVI sec. i Villettesi si insediarono più a valle, nelle attuali Via Fontana e Via del Balzo. Numerose le chiavi d'arco decorate rappresentanti mascheroni, posti a difesa delle abitazioni dall'invidia e dal malocchio. Uno degli edifici più interessanti è il palazzo cinquecentesco su Via Fontana.

In Via Sannita, nel 1600, nacque il poeta Benedetto Virgilio in una casa che conserva una lapide con la scritta: "Non sarei stato dissimile da Virgilio, se la sorte avesse fatto nascere me cittadino e lui contadino".

Villetta possedeva una bella chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Assunta, purtroppo demolita a seguito dei danni causati dal terremoto del 1915. Della vecchia chiesa si conservano oggi l'altare, il portale d'ingresso settecentesco, alcuni quadri, parte del coro ligneo, alcuni mobili. Altre chiese di Villetta sono: San Sebastiano, San Rocco e San Michele in cui si trovano un ciborio affrescato e un antico altare, mentre la statua di San Michele risalente al 1525 è stata spostata a San Rocco.

Quando nel 1800 viene fatta la strada di collegamento Avezzano-Alfedena, nell'odierna via Benedetto Virgilio, furono costruiti diversi palazzi signorili.

La piazza Leonardo Dorotea è il luogo principale di riferimento affettivo per tutti i Villettesi che abitano in paese o che vi ritornano durante le vacanze.

TRADIZIONI CULINARIE

La tradizione gastronomica del territorio è legata a piatti semplici derivanti dalle coltivazioni locali e dall'allevamento. Nel passato, le famiglie del territorio basavano la sopravvivenza su ciò che riuscivano a coltivare nei loro orti e inoltre allevavano qualche animale. In occasione dell' uccisione dei maiali si aiutavano per la preparazione dei prosciutti, salami, salsicce e lardo. Essendo molto attenti a risparmiare, compravano solo un po' di spezzatino per il sugo della domenica.

Un piatto molto comune era costituito dalle patate a tocchetti, insaporite a volte da qualche pezzetto di maiale e condite con la ventresca, con l'aggiunta di uno spicco d'aglio, un po' di rosmarino, sale e peperoncino. Preparavano un piatto di verdure o di pomodori maturi con patate e cipolle.

Situata accanto al fuoco si trovava di frequente la "pignatta" per la cottura dei legumi. La pasta veniva di solito fatta a mano. Nei dolci, preparati prevalentemente nelle feste, venivano utilizzate molto sia le noci che le nocelle. Con le cotogne veniva preparata la cotognata e il liquore di ratafìa, che poteva però essere fatto anche con le amarene

Una volta alla settimana, invece, le donne preparavano il pane; se non c'era il forno in casa, portavano le pagnotte a cuocere al forno del paese e, prima di metterle nel forno, facevano su ogni pagnotta una croce. Veniva cotta prima la pizza e successivamente il pane solo con farina bianca o con l'aggiunta di quella gialla, per renderlo più economico. Il pane era poi portato a casa, messo in testa sopra la "spara", che era un canovaccio arrotolato.

La domenica delle Palme ai bambini viene preparato e donato dai compari "u' sflacce" o collana di ciambelline decorate con naspro e confettini; nei matrimoni, la "grascia" all'uscita dalla chiesa consiste nel lancio sugli sposi di confetti e soldi. Per i battesimi e per tutte le altre feste vengono preparati i "turceneglie", i torroncini, le caramelle di mandorla e cacao incartate nelle veline colorate, i sospiri, le "scruppelle" ecc. A chi ha perso un familiare, invece, il vicinato prepara il "consolo".

Sono poi presenti anche molte tradizioni legate a coltivazioni rurali che oggi non ci sono più, ad esempio: la festa dello "scuz'là mazzocc" che non solo permetteva di togliere le foglie del granturco e preparare le trecce delle pannocchie, ma era anche un' occasione di incontro e divertimento, perché si poteva restare fuori fino a notte inoltrata tra canti, racconti, giochi e scherzi. Con le foglie delle pannocchie si riempivano i materassi mentre le pannocchie stesse venivano offerte a che partecipava alla festa o lessate o arrostite sul fuoco. Chi trovava "u mazzocc rusce" poteva gettarlo alla persona amata. A Sant'Antonio dopo la benedizione degli animali, si offrivano i "sciusci", dei chicchi di granturco lessati. Al Carnevale dopo il ballo della "pupazza", la cui tradizione si è conservata in Abruzzo solo a Villetta Barrea, il fantoccio femminile veniva bruciato perché le sue ceneri dovevano bonificare i campi e la vita del paese; la festa finiva con un bicchiere di vino e tante canzoni popolari.

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I piatti ancora oggi ricorrenti nel territorio sono: sagne e fagioli, lasagne, "maccarun alla chitarra", gnocchetti o ravioli con orapi, pancotto con le cime di rapa, "u' cucnegl'", pecora al cotturo, arrosticini, patate cotte sotto la brace, "patate alla 'ngorda", scamorze arrosto, salsicce, trote al vino bianco, lesche maritate, "u' casceglione", ricotta con centerbe e fragoline di bosco e, per concludere il pasto, la ratafìa.

LA TRADIZIONE DELLA TRANSUMANZA

La transumanza, praticata fin dall'epoca dei Sanniti e dei Romani, dopo il 1447 divenne con gli Aragonesi la fonte economica primaria per molti paesi abruzzesi fino alla fine del 1800. Nessun'altra attività nelle zone di montagna ha potuto godere di un'organizzazione così avanzata. Infatti con il fiorire della Magnifica Arte della Lana, in Abruzzo si è avuto lo sviluppo di tante piccole industrie e mestieri, nonchè il formarsi di un ceto imprenditoriale.

L'agricoltura ha rappresentato un motore economico importante, e alla fine del '700 si sono poste le basi per la crescita delle città industriali, nei nostri paesi. E' vero che la pastorizia contribuì al benessere di diverse famiglie, e ciò lo si può notare dai numerosi decori presenti nei palazzi dei diversi paesi: infatti si diceva che "non la malta, ma le ricotte hanno messo insieme le pietre delle case".

Dopo l'unità d'Italia, "i locati" poterono riscattare i terreni attraverso un mutuo agevolato, liberarli dal vincolo di pascolo e coltivarli. Ma, a questo punto, diminuita l'economia della transumanza, dove trarre le entrate? Quali sbocchi per le popolazioni se non l'aumento della miseria e la fuga dai villaggi di montagna? "Finita la transumanza o brigante o emigrante". E infatti iniziò, per molti di coloro che dalla pastorizia avevano tratto un lavoro, un'emigrazione di massa verso l'America, la Svizzera e le città industriali del nord, che portò allo spopolamento dei paesi.